giovedì 6 dicembre 2007

DI LAVORO SI MUORE


Di lavoro si muore, signori miei.

Mentre in giro si sofistica di laicismo , di disagi da eccesso di beni , di relativismo e di demonizzazione della scienza, di purezza della teologia,di alleanze spurie e di sistemi elettorali,di quanto duri un affetto e quanto si possa espandere l''ego' nella ricerca del piacere,quali siano i peccati e quali i diritti della morale civile,quanto costino un calciatore o una velina,quale la busta paga di un barone e quanto il furto globale dell'evasione fiscale canonizzata.
Ci sono operai sottopagati e privi di misure di sicurezza che stanno sui cantieri,extracomunitari rumeni e polacchi che si ritrovano davanti ad un cartone di Tavernello dalle tredici alle tredici e trenta, e poi via, a sbadilare , per poi tornare a sbadilare il giorno dopo all'ordine dei capetti che li comandano e che tiran su questi obrobri di città.
Gente che fa le notti,un esercito di infermieri professionali che reggono le corsie.
Giovani che vivono chiusi nei laboratori, a sperare in un contratto a termine,mamme che corrono in giro, al mattino, a piazzare i figli ,spettinate e con le calze di traverso, prima di timbrare il cartellino.
Tecnici che respirano schifezze industriali,ragazze che lavano vetri , rifanno letti e puliscono i cessi degli alberghi di lusso.
Marinai che escono la notte, e tornano all'alba,ingobbiti nei giubbotti di plastica.
Giovani magrebini che sbavano per dodici ore di lavoro nero.
Un esercito di badanti che cura i nostri vecchi, li pulisce, parla con loro, perche' ne' lo stato ne' le famiglie sono in grado di farlo.
Si ritrovano alla domenica pomeriggio nei 'discount' , ed è festa grande, e sono giovani donne, con la loro vita.
Famiglie di migranti,da una regione all'altra, e dalle periferie ai centri, su treni stracolmi e puzzolenti,abitano in quei condomini stretti come alveari ,con gli stracci appesi ai balconi ad ingrigire.

Non è il mito del povero,scusate, neppure un antico rigurgito populista.Non è neppure una opzione politica radicale, sono per un riformismo illuminato.E sono consapevole della sottocultura e dei miti consumistici che sono forse l'unica aspirazione dei subalterni che sgobbano. Anche della sciatteria di molti.
Ma si fa presto a tagliare in strisce sottili le idee, qualunque idea dovrebbe misurarsi con il suo contrario,stare dentro ad un inferno reale, prima di arrogare a se' il vanto di qualunque paradiso.

Cosi' , come qualunque discorso sulla scienza dovrebbe stare dentro un ospedale per lungodegenti, almeno un mese, prima di essere pronunciato.
I malati dovrebbero costruire una teologia della scienza.
Mentre i discorsi piovono,nei reparti di oncologia pediatrica di eccellenza file di bambini ricordano che alla terra occorre qualche sistemata ambientale, piuttosto che la perfezione della dialettica. Basterebbe uno di questi sguardi, per far dissolvere come nebbia la fiumana delle parole.

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