martedì 17 marzo 2009

SAN GIUSEPPE




Mi era sempre sembrata una sorta di disfunzione semantica, quell'accoppiata della parola 'dio','figlio -di dio' con 'falegname'.Mi riferisco alla mitografia cristiana di Giuseppe, il santo ,chiamato ad essere padre putativo di Gesu', figlio di dio.
Perche', vuoi che questi fosse indiscutibilmente amico e partigiano dei poveri della terra , degli ultimi, delle prostitute, degli storpi e dei senzatetto, ma nella agiografia popolare compariva sempre bello, biondo,alto,pieno di salute e con l'immancabile aureola dietro al capo.
Seguito da una Maria- madre giovane e devota, dolcissima ,coperta di un velo azzurro e dai lineamenti regolari e mediterranei.
E invece lui, Giuseppe, il falegname, stonato nel trio,poveretto in carne ed ossa, con il suo lavoro, le sue spalle ingobbite e un destino di assoluta oscurità.
Il classico personaggio-spalla di tutte le commedie popolari.
Giuseppe il falegname, Giuseppe l'oscuro della terra, Giuseppe il personaggio secondario.


Ricopio qui un piccolo passo da un mio vecchio racconto-di quindici anni fa circa-, 'San Giuseppe'*:
''.................
La fiamma intorno è diventata alta,il riverbero illumina le figure intorno e i nostri visi,la luce opaca,rossastra e densa,cancella le imperfezioni dei lineamenti,i sorrisi sono larghi,gli occhi brillano buoni.
Un gruppetto di uomini arriva concitato con un cestello pieno di bottiglie,è pronto il vino rosso che si beve con i dolci di casa,ci avviciniamo e qualcuno ci allunga un bicchiere di carta pieno di sangiovese.Sorseggiamo con un brindisi al mare,a noi, a questa notte.
Ma poi, all'improvviso, in una pausa del chiacchiericcio collettivo,sembra di udire un tonfo sordo che arriva dal mare,da qualche miglia di distanza,un tonfo che poco dopo è seguito da un altro simile, e poi dal richiamo della sirena del faro.
Che succede?Qualcuno sta arrivando,in questa notte cosi' prevedibile.C'è chi continua a parlottare dei casi propri,ma con un tono piu' smorzato,c'è chi tace e cerca di ascoltare,c'è chi dice la parola 'profughi'.
Ancora un tonfo sordo ed allungato dal mare,ancora la risposta della sirena del faro,come in un gioco organizzato'Gli albanesi!!! Gli albanesi!!!'Un gruppo di ragazzini rumorosi e scomposti arriva con i motorini.
'Lo abbiamo sentito dire sull'altro molo,arrivano stanotte gli albanesi'
Altri ragazzi,con motori piu' grossi, si aggiungono al primo gruppo.
'Forse non albanesi, ma curdi,o chi lo sa'
..........
Immagino il freddo dei bambini accatastati come animali spauriti,con gli occhi scuri e grandi sulla notte di marzo,perduti e mitici,brandelli di carne alla ricerca di un destino;e noi qua,un poco goffi,con i bicchieri in mano ancora semipieni di sangiovese,mentre un tonfo sordo ritorna identico agli altri,ma piu' lontano,piu' insistente e disperato.
Corre tutto intorno un brivido di disagio,umori forzati negli animi,la gramigna delle ovvieta' copre all'improvviso il cuore di molti,sembra fiorisca all'improvviso una distesa di erbacce che ci invade.
Davanti a me,appena il medico si scosta,compare una donna grassa, sulla sessantina,scarmigliata,con un fare concitato dice qualcosa,il tono alterato di una persona derubata,gli occhi lucidi,agita un braccio.
'Non saprei, signora..'azzardo una distanza,la vedo come in uno specchio,in una grossa caricatura.
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Penso che ognuno di noi è un poco ammaliato,non del tutto protetto,defraudato in qualche modo.Il mondo intero è questa nebulosa di fumo con voci e botti che si rincorrono da un lato all'altro della costa,qualcosa di denso in una notte di attese e di bicchieri di carta,le parti distribuite a caso ai personaggi...
..............'.

*In Romagna la sera del 18 di Marzo c'è l'antica usanza del falo'all'aperto.