sabato 10 novembre 2007

ROTTE DI COLLISIONE



Un vecchio quesito , quasi scolastico, anche un po' volgare,riguarda la possibiltà di una giusta collaborazione tra potere, intelligenza e creatività.
Nel grande come nel piccolo schermo-internazionale, nazionale e locale-, per le immagini che ci passano ogni giorno sotto gli occhi, la risposta ovvia è 'no'.
Cosi' come nel libro della Grande storia e della piccola storia.
Pare di capire che l'ultimo intellettuale che andava d'accordo con il suo signore senza essere proprio solo un tappetino o un altoparlante dello stesso fosse Virgilio.

Le ragioni encomiastiche e 'di supporto' raramente si sposano con l'intuizione artistica,anzi è proprio nell'antagonismo tra i due campi che spesso l'arte trova giuste sollecitazioni.
L'artista- ma anche il ricercatore libero- pare una specie non in grado di sopravvivere se trattato troppo bene nei corridoi di palazzo.
Sembra un meccanismo naturale:l'inquietudine, che muove la creazione libera,deve poter essere, pena l'appiattimento, la ripetitiva monotonia dei motivi iniziali.

Un caro amico, poeta,disabile,ex-docente,mi disse una volta che senza il giusto stress la scrittura non rende. Sarebbe esercizio, mimesi, non materia viva,cuore pulsante.
Con altri parametri,anche la ricerca storica e quella scientifica, nel momento in cui si affermano'contro'-contro l'establishement farmaceutico, per esempio, o contro le restrizioni ideologiche di regime-, sono sollecitate a migliorarsi.
Naturalmente, questo non significa avvalorare l'adagio studentesco della peggior risma che vorrebbe Giacomo Leopardi cosi' bravo solo perche' non aveva meglio da fare,visti i numerosi malanni,che'-dicono'loro'- se fosse stato fortunato,ricco e potente non avrebbe apprezzato quel dolce naufragar,ma la bella vita.
Alle volte il genio c'è, e basta.

Ho sempre avuto pero' in antipatia l'idea dell'arte per l'arte, dell'artista decadente ed assoluto ,della scrittura che esalta, autoreferenziandosi, il male del vivere. Il poeta-vate ,visto da una certa ottica, mi pareva soggetto speciale per caricature.
Ho sempre creduto che l'arte fosse invece canto,materia della vita,dolcezza,che poteva lenire il dolore, dire la nostalgia, ma anche la salute.
Che anzi stesse meglio nella giusta misura di normalissime esistenze. Non grammatica della retorica, ma respiro dell'ordinario.
Che poi l' esistenza sia un lasso di tempo difficile tra quei due famosi avvenimenti che ne segnano l'inizio e la fine, mica ce lo deve raccontare l'ultimo best-seller,basta chiederlo al vicino di casa.
O anche al postino.

Rimane il fatto che l'artista vero,appena entra in gioco, è in perenne rotta di collisione, quasi per definizione,con i poteri,organizzati, meno organizzati, forti o malandati che siano.

A meno che le mappe di navigazione non gli segnalino,sulla sua rotta, il rinvenimento di un monarca illuminato.