martedì 1 gennaio 2008

VIVA ZAPATERO



Mi è piaciuta la dichiarazione d'amore di Zapatero alla moglie, comparsa ieri sui quotidiani, pareva sincera e appassionata.
Viva Zapatero.
Ma confesso che mi sono piaciute anche le immagini di Sarko e la Carla Bruni, randagi per la Valle del Nilo. Senza riflessioni , ovviamente, come se vestissi i panni di una esperta di 'gossip' internazionale, di quelle che fotografano l'attimo. Amore, libertà, gioia di vivere e l'attimo che fugge. Del diman non v'è certezza. Mi piacevano e li invidiavo anche, un po',per quella carica si sensualità che emanavano le loro immagini.
Invece Zapatero parlava di certezze, di contratti affettivi a tempo indeterminato, lui, il difensore strenuo della laicità dei diritti.
Del resto con gli stranieri continuo ad intendermi a meraviglia, anche a distanza.
E se butto giu' due o tre conti, tra i miei amici e conoscenti,quell'ormai ristretto manipolo, campeggiano gli stranieri,potenziando le gia' confuse origini familiari.
Da parte paterna, uno stuolo di emigrati in Brasile, fine ottocento, poi in parte rientrati, con tutto il carico di leggenda che uno immagina.
Piu' recente,un secondo cugino, ricercatore oncologo di fama internazionale negli States,la' naturalizzato con discendenza .
Da parte materna, parenti naturalizzati a Buenos Aires, Argentima, dagli anni trenta del secolo ventesimo.Esther,cugina della mamma,ormai settantenne, compare periodicamente a Rimini.
Poi una zia praghese e un legame parentale quarantennale con Praga, la Moldava,il gulash,quel buon soldato Sve'ik ,eccetera.
Amici:vecchissimi amici scozzesi, continuano a scrivere le figlie; M.N., iraniano, sposa una vecchia amica di liceo,naturalizzato riminese,mio marito è anche stato con lui in Iran, qualche anno fa,persona splendida,lavora nel turismo come dirigente;M.H, irlandese,ingegnere delle fibre ottiche, marito di un' antica vicina di casa,con un carrello di titoli letterari-si sa, gli irlandesi non li batte nessuno, con la letteratura-quante ne avrebbe da dire, su noi italiani -e parlare con lui di Shakespeare o di Joyce è come andare a nozze.
Questi i piu' stretti,poi ne ho altri.
Con gli stranieri ci si capisce in un attimo, anche se si capisce male la lingua. Veloci, sintetici,liberi da impaludamenti cronicizzati.
Noi italiani-'noi'?- siamo bizantineggianti e bigotti, odoriamo di sagrestia e di mafia.
Quando lavoravo in un istituto a sfondo linguistico-turistico speravo di migliorare almeno il mio vecchio inglese,se non di diventare poliglotta,invece ho seguito per anni la sintassi dei pettegolezzi nostrani.
Volete che non sappia che ognuno ha i suoi limiti e che è facile veder bene l'orticello altrui, da lontano?
Che per esempio nel nordeuropa bevono un sacco. Ma si sa ,e lo sanno anche loro. Del resto, 'nemo profeta in patria' .
Pero',per una che ormai viaggia pochissimo come me-forse mi rifaro', tranquilli-, questa sensazione di grande familiarita' e naturalezza con gli stranieri è bella.
-Spanish?-continuava a chiedermi a Praga, un agosto di dieci anni fa ,un gioielliere vicino alla Piazza vecchia, quella dell'antico Municipio con l'orologio, quando io continuavo a chiedergli il prezzo di un paio di splendidi orecchini , con quelle loro granatine rosse, anticate.
-Spanish?-
-No, italiana,-rispondevo io,mentre pensavo se potevo permettermi l'acquisto, e mio marito aggiungeva tra i denti:-Ecco, ti riconoscono anche qui-