venerdì 30 novembre 2007

BOLOGNA LA DOTTA


A Bologna io e la mia famiglia siamo legati forse piu' che a Rimini, dove abbiamo residenza . Bologna la dotta, Bologna la grassa, Bologna la turrita.Bologna come voglio che sia.

A Bologna io e Enzo, mio marito,abbiamo abitato la prima casa,tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta, in via Centotrecento 13.
A Bologna ho legato la mia giovinezza, mia figlia e la scoperta della città.
A Bologna ritorno, e ogni volta che scendo alla stazione ricordo quella mattina,il 2 Agosto del 1980.
Ero al mare , e qualcuno mi disse che alla stazione di Bologna era successo qualcosa. Fu una corsa forsennata, mio marito doveva essere li', non ci fu per puro caso.
Dopo, rimasi incollata ore e ore, a vedere quella città meravigliosa che reagiva con una dignità che solo quella città sa avere. In fila, a lenire i resti di quella immane ferita.
Con compostezza, ragion veduta, orgoglio di città.
Ogni volta che scendo in stazione ,un pensiero si immobilizza, come una preghiera silente.
E nella stazione di Bologna sono a casa,il via-vai di gente è sempre composto, non c'è nulla di alieno.
Bologna nasconde gioielli preziosi tra i suoi mattoni rossi,un illuminismo sapiente ed umano, una saggezza previdente e leggermente oscena, piacevole e accogliente,gioielli di pensiero e di azzardo scientifico.Dietro i sistemi di potere, ovviamente, quelli noti,dietro ai privilegi e a tutti gli eccetera. La storia la attraversa, ma viene governata,il degrado c'è, ma esiste anche un esercito di dipendenti seri, civilmente motivati, che ogni mattina la ripulisce,mattone dopo mattone, come se ogni mattone fosse una reliquia, oppure un pezzo prezioso di un libro di storia.

Bologna, e da una terrazza davanti a Piazza Maggiore, il futuro non fa paura.


martedì 27 novembre 2007

I POD


Se alla maratona di New York è stato impedito ai partecipanti di averlo alle orecchie, per effetto dopante, un qualche segno nel cervello degli adolescenti questo piccolo aggeggio-memoria musicale ce l'avra'.
Usato come lo usano loro, cioe' sempre, qualche effetto ce l'ha di sicuro.
Dunque. Alla cartolibreria davanti alla Scuola Media N.2, al mattino prima delle otto c'è un via -vai di bambini che acquistano qualcosa, tutto con immancabile I POD attivo.Cosi' alle fermate degli autobus, e nei negozi, per le vie del centro e a scuola.
Non lo possono utilizzare, naturalmete, in classe, ma appena escono per andare in bagno il piu' delle volte se lo infilano nelle orecchie, e appena suona la campanella se lo riinfilano,cosi' per strada, mentre si avviano verso casa. Lo tengono mentre fanno i compiti e quando vanno in bicicletta.Potendo, lo terrebbero anche di notte.

Il cellulare, per definizione, impone una qualche comunicazione,magari falsata, virtuale,nevrotica, ma l'I POD è il simbolo dell'isolamento, dell'anafettività,della-dio, che parolona enorme!-potenziale schizofrenia.
Sei qui con il corpo e con la mente altrove, e dai oggi, dai domani, la pentola salta.
Che fare?
E' patetico rimanere fermi su vecchie posizioni, su vecchi strumenti-la sintassi di tradizione latina, il vecchio sistema cognitivo memonico-nozionistico,impari queste nozioni da qui fin qui.
Si',anche, un po'.Per esempio direi cosa salubre imparare poesie a memoria.
Ma nel regno degli IPOD e arnesi simili,se si vuole sortire un qualche effetto, occorre ridisegnare la mappa dell'educazione linguistica.Cercare nuovi statuti, nuove formule, resettare e cominciare , avere il coraggio di ridare il nome alle cose, senza dare nulla per scontato.
Accipicchia, lo dico da quindici anni, ma forse è proprio vero. In un cassetto di casa ho un vecchio progetto che presentai forse giusto quindici anni fa, di sicuro meno di venti, per l'attivazione di laboratori di scrittura. Conteneva alcune intuizioni in questa direzione.Volendo, il riferimento dotto rimaneva il concetto di analfabetismo di Tullio de Mauro.

Rimane li',nel cassetto,per i posteri.

domenica 25 novembre 2007

RIMINI,VENEZIA,LA MODERNITA'


Esco di casa e vedo nuove colate di cemento, fronte mare.Un paesaggio anonimo e destinato a restare disabitato, non rimane che dirigersi verso l'acqua e continuare a scrivere.Perche' una città che si interroga sulle sue forme future rimanga almeno nei nostri pensieri.
Ripropongo un mio intervento su 'Il Corriere Romagna' di agosto.


'Rimini, Venezia e la modernità

Passeggiando tra le calli, tra Dorsoduro e Canareggio, con una vecchia amica di liceo-romagnola, che vive a Venezia da trent'anni e passa-si parlava di modernità e Rimini.
-La modernità è nel DNA dei riminesi-diceva lei,ricordando un vecchio episodio della sua infanzia,lo zio che la portava a bordo di una seicento a vedere il grattacielo di Cesenatico.
Modernità, grandi opere,irrequietezza del fare,costruzione di schemi che azzerano gli anfratti e i ripostigli, a Rimini c'è LAMERICA.
-Venezia, invece,ha la vocazione della forma-aggiungevo io-sara' perche' Bisanzio significa l'eredità dell'alessandrinismo,sara'..
Rimini, Venezia,che bel confronto.Cosa ci lega?
Intanto l'Adriatico,un Adriatico addomesticato,che tra le calli emana odore di sale e ricorda il Mediterranao solo quando l'acqua è alta,altrimenti è palude,ipnotica memoria di una morte certa.
E in Romagna è il mare finto ed abusato,che ogni tanto si rabbuffa e fa volar via tutto quanto,come in quelle collere che i romagnoli conoscono,e bene.
Venezia ha le gondole,e noi i poveri 'mosconi.Loro la Mostra del Cinema,ma noi Fellini.Loro la Biennale,e noi il Trecento riminese, e una miriade di pittori nostrani, sconosciuti e bravissimi.
E il turismo, ugualmente devastante,con la differenza che il barista veneziano rimane immobile,quello riminese lucida le scarpe agli avventori in segno di devozione,i negozietti dietro Piazza San Marco vendono chincaglierie finto-Murano e qua da noi,nei 'suk' tra Via Pascoli e Marebello,con la paccottiglia ti danno anche la piadina.
Forse, a questo punto,due schemi fallimentari entrambi, con la differenza che a Venezia la gente ci va 'comunque',da tutto il mondo- e i cinesi che hanno cominciato ad impossessarsi dei localini tipici lo sanno-qua comincia a venirci solo per abbuffarsi di eventi mordi-e-fuggi-e i cinesi hanno capito anche questo, e zitti zitti stanno occupando il centrocittà.
Gli altri orientali,poveretti,la' a Venezia sono dei malcapitati nelle grinfie dei gondolieri che si proclamano padroni assoluti del turismo-ne ho visto uno, di brutti episodi, e mi è bastato-.
Almeno qua a Rimini si balbetta di ipotesi di legalità degli abusivi,magari senza rimediarci granche',ma si prova a guardare ad un futuro cui non è possibile sfuggire.
A Venezia no, i nobili,veri o presunti,si fanno la 'manicure' davanti al Canal grande,magari disquisendo ancora di classe operaia.
Eppure siamo cugini,e il confronto è piacevole.
Chissa' se Marco Polo,che ha osato tanto,comparendo a Rimini nel nostro tempo se li ritroverebbe a muso duro,i nostri inossidabili 'pataca', a dargli dello snob.
Chissa' se invece c'è una ispirazione delicata, lineare e sfuggente,dietro il luogo comune della solita Rimini:perche' qua,uscendo dalla laguna,il mare ,aprendosi, porta fantasia e anche delicatezza del sentire,non solo slancio futurista verso la modernità.'

giovedì 22 novembre 2007

DI MAFIA SI PUO' PARLARE


Di mafia si puo' parlare, e di 'nadrangheta, e di legalità, anche con i ragazzi dai tredici ai quindici anni. Purche' con il giusto tono.

Assolutamente vietata l'enfasi moralistica, produce l'effetto opposto.

Anche la retorica de 'i cattivi sono loro'.Crea il mito del malvagio.

E l'afflato missionario, puzza di insegnante frustrato.

Invece, con un piccolo oggetto come questo romanzo breve per ragazzi di Luisa Mattia(http://www.luisamattia.com/), con la postfazione di Tano Grasso- coordinatore della Commissione antirackett-,Sinnons Editore , il tono è subito giusto.

Un libretto prezioso, dovrebbe essere distribuito nelle classi,delle medie e dei bienni delle superiori.-Ma anche dei trienni, visto come scrivono e parlano, viva la semplicità degli strumenti-

Una bella storia, un linguaggio semplice ma sincero,molti dialoghi, ben delineati i personaggi.

L'individuazione di 'un punto',il punto della 'scelta',nella coscienza di un quattordicenne.

Moltissimi i nessi con quel deposito infinito di temi che è il romanzo manzoniano.

Grossa presa 'visiva'.

Facendo un calcolo degli elementi spuri che possono disturbare una lettura guidata e semplice con un gruppo di adolescenti,magari indirizzata ad un laboratorio di comprensione/composizione-dalle variabili climatiche alle distonie affettive, dalle sinapsi neuronali ballonzolanti ai ronzii del virtuale,compresi i residui dell'ultima brodaglia da video,con l'aggiunta di una nozione di legalità che farebbe rabbrividire anche i commensali muti che sbafano alla tavola di don Rodrigo -le possibilità di riuscire sono quasi sufficienti.

martedì 20 novembre 2007

TEMPI DURI


Ripropongo qui di seguito la mia lettera apparsa su 'Il CorriereRomagna' lo scorso agosto,'Tempi duri per i bambini'.Va aggiornata con gli ultimi nomi di bambini,ultimo quello del piccolo rom di quattro anni, bruciato vivo nel sonno a Borgo Panigale,Bologna.


'Tempi duri per i bambini.

Tempi duri, questi, per i bambini.Deformati,esibiti,soffocati e narcotizzati nel luoghi del cosiddetto benessere;mutilati nei luoghi di guerra;abusati e brutalizzati nei terzi e quarti mondi,compreso quello laido ed oscuro della pedofilia,anche in abito talare.
Con i picchi della cronaca,che recitano di bambini bruciati vivi, o abbandonati quasi quotidianamente.
Le 'magnifiche sorti e progressive' del nostro pianeta,con questo buco nero,recitano la loro sconfitta.
In altri tempi, in altre stagioni,i bambini sono stati maltrattati e sfruttati-tutta una letteratura lo narra-,ma mai come ora il bambino è defraudato della sua natura,della sua libertà di crescere,del suo diritto alla sicurezza e alla guida.
'Meglio un orfano'diceva spesso mia madre,e intendeva dire che spesso starebbero meglio soli, i bambini,piuttosto che con gli adulti che si ritrovano.
Cosi',il piccolo abbandonato nel carrello del 'Carrefour' piemontese,come il piccolo principe del libro,sembra chiedersi su quale pianeta sia precipitato,simbolo vivente di tutti gli altri.
Veniamo a noi.
In casa nostra, in Italia,ci sono stati tempi in cui il mondo dell'infanzia poteva contare almeno su tutta un'istruzione materna e infantile come su di una sacca di grande felicità,segno di un vissuto ricco di speranze e di ideali.
Ricordo i primi anni ottanta, a Carpi,dove ero per lavoro,con mia figlia di dieci mesi:venivano gli esperti di educazione da tutta Europa per visitare gli splendidi asili-modello emiliani.
E ,piu' tardi, quando scoppio' la tragedia di Cernobyl,ci si interrogo' nell'asilo comunale 'Il volo' di Rimini,con le maestre,su come costruire un racconto per i bambini.Bisognava dire loro perche' non dovevano toccare l'erba,ne' bere il latte,e si ragionava sul come spiegare in qualche modo questo ed altro.Per esempio, una volta si infilo' un ladro di notte nei locali dell'asilo,che devasto', e anche quella volta si cercarono insieme le parole per mediare la realtà di quella presenza inquietante.Come descrivere un individuo che non si rivela alla luce del sole,entra per violare,distrugge dove è regola naturale costruire dal nulla,anche con la sabbia,le foglie e i colori?.
Negli anni ho visto i bambini attorno a me farsi sempre piu' capricciosi,meccanici e stralunati.
L'ultima immagine collettiva di bambini felici che ho corrisponde al metro' di Parigi-inverno 2005,un secolo fa-:bambini accanto a madri di colore,fasciate di panni sgargianti e di enormi copricapi,bambini piccolissimi che spuntavano da sacche tenute a tracolla come in un villaggio Tuareg,riccioluti,curiosi, ridenti; e altri,con gli occhi a mandorla,seri,dietro signore impettite con gli occhiali a punta;bambini con la pelle chiara intenti a giocherellare e a parlottare nello stesso gergo d'intesa di bellissimi meticci loro coetanei;e babbi,tanti babbi,giovani e meno giovani,indaffarati e spettinati,apparentemente lontani.
Adulti che tutelavano da una certa distanza,bambini che si sapevano al sicuro, rilassati, curiosi, nel tunnel del metro''


sabato 17 novembre 2007

MISTICA E NERVI SALDI


Dobbiamo stare attaccati alla piccola ragioneria di queste cose che abbiamo,pena la salubrità dell'aria del cosmo.

Questa politica-e dio sa quanto vorremmo fuggir via per tangenti ideali, visionarie, apocalittiche-questa città, la cura ordinaria degli oggetti di casa,quei due o tre rapporti buoni.

Gli scenari del villaggio globale-già profetizzato da Mac Luhan negli anni sessanta-i famosi schemi 'iconici', cioe' semplificati,elementari, ci indurrebbero a sprecare quelle poche energie che abbiamo per descrivere, scrivere, narrare indirizzandole verso temi affascinanti,temi futuribili.
Eppure c'è un grillo parlante nell'angolo della coscienza che dice che si deve stare attaccati alle cose vicine, mai come in tempi come questi, e lanciare da li' le sfide del nuovo.

Attaccati al pedissequo, noioso teatrino della quotidianità.
Gli eroi che vanno verso lidi lontani e non si accorgono del vicino di casa sono pericolosi.

Pulsioni misticheggianti agitano le aggregazioni di massa.

Nelle mistiche giovanili agiscono tempeste ormonali,in quelle dell'età matura interessi di potere o crisi da carenza.
Nelle grida furiose delle curve da stadio, nelle nuove forme di 'antipolitica',nei maxi- raduni religiosi di sette,piu' o meno camuffate da ricercatori di verità ,ma anche nelle nuove mistiche new-age camuffate da nuove medicine , nell'utilizzo onanistico della rete,o nei 'rave-party' , si nascondono impulsi misticheggianti ed orgasmici che nulla hanno a che fare con una giusta umanità.

Un illustre etnologo, Ernesto de Martino-scomparso dalla scena del presente ,sfido i trentacinquenni usciti dalle università da dieci anni a sapere chi sia- con rigore di scienziato, in una pratica lucidissima e appassionata di laicità, analizzava i fenomeni religiosi di massa individuando( v.'Sud e magia') nelle economie da carenza le cause dei fenomeni detti 'di possessione'.
Possiamo aggiungere 'carenza affettiva' ,'carenza di sicurezza', 'carenza di prospettive', ed ecco che il gioco è fatto.
Certo che un po' di storia l'abbiamo macinata per non credere che nell'agitarsi delle inquietudini di massa sia tutto da buttare a mare.
Si possono infatti nascondere segnali del futuro,indicazioni, anche nel tumultuare sgangherato dell'ultimo raduno di disperati.

Bisogna vedere, individuare,annusare,selezionare.

Con i nervi saldi.

mercoledì 14 novembre 2007

SISTEMI PERIODICI


Ci sono chimiche evidenti nel gioco degli incontri/scontri tra gli esseri viventi.

Chimiche distruttive.
Il furore da curva estrema, che si nutre di se', si divora, si espande, annienta quello che trova.
Ferinità pura, l'urlo della belva.Chimica organica dei sedimenti metabolici tossici.Veleni che circolano nelle vene. Maschere grottesche ,volti che non ricordano un sentimento.
L'odio di razza.
Parola che i patti di civilta' avevano depennato dal ragionamento comune, e invece ritorna.
L'identificazione piu' semplice,nei rapporti, è quella legata al territorio.
Tu sei il lembo di terra dove sei nato,è la stessa logica dello stadio.Tu sei bianconero, tu sei biancorosso,tu sei italiano, tu sei slavo, tu sei ebreo,tu sei al di la' del mio orto,sei un nemico.

Chimiche nichiliste.
La morte di un amore.
Perche' un amore finisce? Come fiori che muoiono al tramonto, quanti giovani amori muoiono, e non si sa perche', nel giro di qualche ora.Finisce la sorgente di energia, finisce l'emozione,non c'è protezione, non c'è conforto,rimane la pietra fredda.
Il livore dell'invidia dentro un'amicizia,secrezioni acide intorno alle labbra.

Chimiche di aggressione.
Attivate da equipe di mediocri in ambienti stretti,chiamate modernamente 'mobbing'.
Organizzate come guerre in cerca di giustificazione,stragi di civili.
Aggressioni sui corpi, la bestemmia dell'oltraggio.

Chimiche di simpatia.
Leggeri fili che si intrecciano, sentimenti comuni, intese,intelligenza negli sguardi, comunione di intendimenti,un cuore generoso.
Un tessuto leggero e fragile come tela di ragno,poggia su mappe organiche ben identificabili, nasce lontano nella storia degli antenati,si veste di idee e progetti.
Chimiche di felicità.
Dispersione di granelli di luce,gioia di vivere, e ridere, con le lacrime che corrono a goccioloni sulle guance, davanti ad un campo di girasoli.
Il piacere di esserci, la gioia nell'osservare i pori della pelle, i visi, un pugno di sabbia che scivola tra le dita.
Chimiche di ricomposizione
Gioco di incastri esatti delle sinapsi neuronali, delle endorfine cerebrali, dei sistemi emotivi
che agiscono in sintesi alla ricerca di giuste strategie :per fare in modo che la deflagrazione non accada

lunedì 12 novembre 2007

STELLE CHE RIDONO


In cima alla darsena, di sera,quando c'è sereno, le stelle sono cosi' vicine,pesanti, presenti, che paiono affacciarsi dalla finestra del cielo,mentre continuano a seguire il respiro dell'universo.

Il mare è nero,rumoreggia piano, le luci intorno ricordano che la costa è abitata, affollata da tutto l'arsenale turistico, dall'ultima enorme gru che come un segnale aggressivo, proprio li' davanti, indica la costruzione dell'ultimo blocco di condomini, negozi,nonsocosa.Piu' in la' il campanile alto e grigio della chiesa gareggia con la gru.

Davanti, sulla parte destra del porto, l'imbarcazione russa da carico ferma,il capannone dei libri illuminato e solitario,e giu',ancora il solito panorama di alberghi e di case.

E il faro bianco, all'imboccatura del porto,unico oggetto prezioso nell'ammasso di cemento anonimo.

Le barche ormeggiate stanno a riposare, passa lungo le banchine qualcuno che corre, due o tre donne che camminano veloci e chiacchierano.

Due pescatori sistemano l'attrezzatura in silenzio, e lasciano che i galleggianti vadano a pelo dell'acqua,se ne stanno a guardarli mentre vanno.

Le stelle impreziosiscono l'aria scura,e si fermano prima dell'unico filo di luce che muore, verso Cesenatico, e separa l'acqua dalla terra,quasi invisibile.

Stelle grandi,come di alta montagna,allontanano dai fragori del giorno, e il mondo pare un enorme giocattolo un po' impazzito. Il vento leggero che sa di mare le solletica piano,pare che ridano.

sabato 10 novembre 2007

ROTTE DI COLLISIONE



Un vecchio quesito , quasi scolastico, anche un po' volgare,riguarda la possibiltà di una giusta collaborazione tra potere, intelligenza e creatività.
Nel grande come nel piccolo schermo-internazionale, nazionale e locale-, per le immagini che ci passano ogni giorno sotto gli occhi, la risposta ovvia è 'no'.
Cosi' come nel libro della Grande storia e della piccola storia.
Pare di capire che l'ultimo intellettuale che andava d'accordo con il suo signore senza essere proprio solo un tappetino o un altoparlante dello stesso fosse Virgilio.

Le ragioni encomiastiche e 'di supporto' raramente si sposano con l'intuizione artistica,anzi è proprio nell'antagonismo tra i due campi che spesso l'arte trova giuste sollecitazioni.
L'artista- ma anche il ricercatore libero- pare una specie non in grado di sopravvivere se trattato troppo bene nei corridoi di palazzo.
Sembra un meccanismo naturale:l'inquietudine, che muove la creazione libera,deve poter essere, pena l'appiattimento, la ripetitiva monotonia dei motivi iniziali.

Un caro amico, poeta,disabile,ex-docente,mi disse una volta che senza il giusto stress la scrittura non rende. Sarebbe esercizio, mimesi, non materia viva,cuore pulsante.
Con altri parametri,anche la ricerca storica e quella scientifica, nel momento in cui si affermano'contro'-contro l'establishement farmaceutico, per esempio, o contro le restrizioni ideologiche di regime-, sono sollecitate a migliorarsi.
Naturalmente, questo non significa avvalorare l'adagio studentesco della peggior risma che vorrebbe Giacomo Leopardi cosi' bravo solo perche' non aveva meglio da fare,visti i numerosi malanni,che'-dicono'loro'- se fosse stato fortunato,ricco e potente non avrebbe apprezzato quel dolce naufragar,ma la bella vita.
Alle volte il genio c'è, e basta.

Ho sempre avuto pero' in antipatia l'idea dell'arte per l'arte, dell'artista decadente ed assoluto ,della scrittura che esalta, autoreferenziandosi, il male del vivere. Il poeta-vate ,visto da una certa ottica, mi pareva soggetto speciale per caricature.
Ho sempre creduto che l'arte fosse invece canto,materia della vita,dolcezza,che poteva lenire il dolore, dire la nostalgia, ma anche la salute.
Che anzi stesse meglio nella giusta misura di normalissime esistenze. Non grammatica della retorica, ma respiro dell'ordinario.
Che poi l' esistenza sia un lasso di tempo difficile tra quei due famosi avvenimenti che ne segnano l'inizio e la fine, mica ce lo deve raccontare l'ultimo best-seller,basta chiederlo al vicino di casa.
O anche al postino.

Rimane il fatto che l'artista vero,appena entra in gioco, è in perenne rotta di collisione, quasi per definizione,con i poteri,organizzati, meno organizzati, forti o malandati che siano.

A meno che le mappe di navigazione non gli segnalino,sulla sua rotta, il rinvenimento di un monarca illuminato.

venerdì 9 novembre 2007

UN VECCHIO TAVOLINO


Ho un vecchio tavolino, credo neppure antico,ma restaurato da un artista,artigiano, un parente acquisito ,il signor Tino: novant'anni fatti in Agosto, ravennate, di antica fede repubblicana,ciclista fino a qualche mese fa,quando ad una rotonda a San Mauro Pascoli una signora in macchina l' ha lasciato vivo per miracolo.
Su questo tavolino, accanto al telefono, sta una cartolina incorniciata in modo che si possa vedere da ambo le parti.
E' firmata Mario Rigoni Stern, ha l'immagine sfuocata di un ciclista sotto la pioggia,un titolo:'elogio della bicicletta' e alcune parole, firmate Mario Rigoni Stern:'Due ruote,due gambe, un cuore e vai tranquillo senza far rumore,senza fare polvere,senza inquinare l'aria e la terra.Se chiedi strada,basta far suonare un campanellino con due note allegre e gentili,dare piacere e ricevere un saluto'
Dietro, i saluti,alcune frasi scritte a mano,ancora la firma e la data,Asiago, 4 gennaio 2004.
Avevo inviato a Mario Rigoni Stern quella piccola antologia, 'Schegge di guerra voci di pace', e lo avevo invitato a scuola,a parlare della guerra in Iraq, e di tutte le guerre.
Lui ,che gia' tante volte aveva incontrato i ragazzi, aveva quella volta declinato l'invito perche', spiegava dolcemente, 'i miei ottantadue anni contano non poco'.Pero', con quella cartolina, voleva essere presente.


Oggi leggo che nell'ultimo attentato in Afghanistan ,tra le vittime, ci sono stati cinquantanove bambini.

Nessuno parla piu' di pace, in giro.

Dove sono finiti i giovani pacifisti, le bandiere arcobaleno,i mille pensieri,i dubbi sul tema della pace,dei'grandi patti'novecenteschi,dell'irriducibile 'business ' della guerra?

Non lo so.

giovedì 8 novembre 2007

CONSIGLI ALL'AUTORE



Chiunque -di qualsiasi ceto, etnia,eta' e ispirazione di genere,letterario o storico, ginnico o filosofico- avesse il famoso capolavoro nel cassetto, di vecchia o di recente data,e pensasse di uscire allo scoperto,segua con attenzione questi preziosi consigli.
Innanzitutto, capire subito se si hanno:

a)se donna, le misure della Serena Grandi, recente acquisto della Res Publica delle Lettere -e dopo che ha proclamato sia in un bar sulla spiaggia di Viserba , sia ad un incontro a 'Il libro e la vela' il suo amore sviscerato per Rimini, la tagliatella e Fellini, si è definitivamente sdoganata da quei due o tre pregiudizi degli intellettuali inaciditi;
se uomo, una almeno lontana parentela con Bruno Vespa, oppure una carriera di calciatore alle spalle,chè i rigori ben piazzati hanno analogie strettissime con la buona punteggiatura

b)l'esercito degli 'editor' di Jeffrey Deaver,noto giallista, che, da bravo americano( anche se self-made-man mica tanto), ha dichiarato in una serata all''Angolodivino', nel borgo San Giuliano, a Rimini due estati fa, che lui, come si muove, cioe' come scrive giu' due periodi, ne ha dietro subito almeno otto.Un bel codazzo di editor che ti sistema la grammatica, le immagini, ti tornisce la frase,te la rende vendibile.
Un falange oplitica praticamente invincibile,che ti piazza l'oggetto sul mercato meglio di una pentola inox triplofondo

c)l'intuizione mediatica di Federico Moccia, che' lui, si, l'ha vista giusta, eletto maestro affabulatore da un esercito di brufolosi studenti, non ha esitato ad indicar loro la vera saggezza, cioe' l'utilizzo di quella quindicina di marche che contano-come dice il famoso spot-,elencate gia' dalle prime pagine del primo best-seller ,'Tre metri sopra il cielo'.Nonche' la giusta misura della 'fabula',dosata nei tempi e nei modi richiesti dal pubblico detto.

Non possedendo tali requisiti, non resta che convincersi che l'accattonaggio era il sogno della prima infanzia e:

a)scegliersi il piccolo editore che pare piu' serio,preferibilmente quello che chiede meno denaro, meglio se niente

b)prepararsi per una rocambolesca ginkana di piccole presentazioni dove il pubblico piu' appassionato è costituito dalle zie delle amiche, dagli amici d'infanzia e da qualche buon'anima di passaggio


c) se si ha l'intestino solido-ma questo vale solo per pochissimi eletti, con anticorpi grossi come buoi-rivolgersi a qualche operatore pubblico della propria città e comuni limitrofi, e dirgli candidamente:-guardi, forse lei non si era ancora accorto di me,ma le assicuro che si è perso molto.

Prepararsi ,perche' forse verra' richiesto seduta stante un secondo cugino di un qualche Consiglio segreto cui riferirsi, tanto per stare tranquilli e mettere le mani avanti.

In mancanza, è consigliato disturbare la briscola degli arzilli anziani del quartiere ,che' tanto a loro va bene tutto,pur di fare quattro chiacchiere.

Dunque:

Auguri, e soprattutto, mai barare nel gioco,che'li' sta il bello

mercoledì 7 novembre 2007

DEVO DIR MALE....


Devo dir male di alcuni gruppi di giovani mamme, e di quando le incontro, davanti ai bar, alla mattina, eleganti,truccate, con gli stivali anche a settembre,e i cellulari multifunzionali , dopo che hanno parcheggiato il bambino all'asilo, o alla scuola elementare. Stanno a starnazzare non so di cosa, in genere mi arrivano frasi mozze come commenti sulla tal maestra , che vale o no, o sul tal oggetto all'ultima moda, e dicono sempre che ci penseranno loro, a far quadrare le cose. Sembrano uscite dal retrobottega di un 'grande fratello',fresche di stampa di un rotocalco, dove un allegro pubblico si diverte a dire 'buono' o 'cattivo', a seconda dell'ultima folata del vento.

A me le cose quadrano sempre poco, e vado di fretta con i miei cinquantacinque anni,a fare un lavoro faticoso , o a curare i casi miei, che mi sembrano sempre fatali, o anche solo a far niente.
Cosi', le evito con cura,non saprei come cominciare il discorso.
Le stesse, d'estate, sulla riva del mare, stanno a fumare, davanti all'acqua, che mai toccano,per carità. E gridano al bambino di non andare lontano, e il poveretto, ingoffito da salvagenti enormi, gufi e coccodrilli di plastica, sta dove l'acqua arriva al dito alluce a fare smorfiacce inconsulte.

E loro li', a urlare che non si affoghi.

Quando si generalizza si è cosi', degli orribili pettegoli, magari dietro ognuna di queste giovani mamme batte invece un cuore sincero.

Chissa'....

martedì 6 novembre 2007

CHI SI PRENDERA' CURA........


Chi si prendera' cura di noi, di questo tempo, degli oggetti preziosi e nobili che ha prodotto,quando anche l'ultimo uomo onesto che ha a cuore la storia se ne sara' andato?

Non lo so, il tempo è come una casa, che va accudita, pulita, governata, e solo chi ama la storia sa farlo. La storia degli uomini è come una casa, che va amata e diretta e se non ci sono i custodi giusti, onesti, appassionati, la casa va in malora.Si copre di polvere, di oggetti in disuso, di merce inutile, di parassiti,di sbandati in cerca di una tana dove poter andare tranquillamente in malora.

E in malora il tempo va, eccome.

Semplicemente, come tutto quello che esiste.

Ma sicuramente, dietro l'angolo,quando sembrera' che la memoria sia in pericolo, in una centrifuga di paccottiglia, ci sara' gia ' pronta un'allegra brigata di ragazzi ,che sapranno coniugare un passato imponente con un futuro privo di coordinate esatte.

E sapranno cercarle, quelle coordinate, come facevano gli esploratori al tempo delle grandi scoperte geografiche, su mappe disegnate a mano.

Gia' me lo immagino, tra questa brigata, un giovane storico dal sangue meticcio, che si alza , a dire che la storia del pianeta va guardata da un punto divista non piu' eurocentrico e romanocentrico, ma globale e....
Rispettoso, ma carico della sicurezza e della saccenteria di chi si è appoggiato sulle spalle dei veri giganti

Aspetto.

lunedì 5 novembre 2007

S' IO POTESSI AVERE....


S'io potessi avere un portafoglio miliardario-di quelli belli gonfi, a fisarmonica, naturalmente leciti, chè l'onesta' a casa mia è sempre stata un dogma invalicabile,pena le fiamme di tutti gli inferni, -farei subito tre cose.

Primo, mi licenzierei -dal mio lavoro di insegnante statale,è ovvio-

Con leggera eleganza, in punta di piedi, e voltato l'angolo, sarei gia' su un altro pianeta.

Credo addirittura senza malattie psicosomatiche,libera.

Perche' ho gia' dato, ho gia' detto, e il troppo stroppia, l'importante è stoppare al momento giusto. Lo sto gia' facendo,a piccole dosi,ma rimane un meccanismo interno, non una libertà reale.
Secondo, mi comprerei una cinquantina di ciclamini.

Ma non di quelli a prezzi modici, che' ogni volta,quando li acquisto,dopo aver comprato il latte , e la verdura, e pagato le bollette, e il collirio per gli occhi stanchi, e il dentifricio, mi ripropongono la scena della 'Piccola fiammiferaia'.Vesti lacere, pochi spiccioli per nutrire l'immaginario,pancia cosi'cosi', a dieta perche' la colite incombe.

No, li vorrei belli, superbi,zampillanti, i piu' costosi,i piu' ricchi,i piu' sfacciati.

Terzo,farei una donazione consistente, anzi quasi tutto il mio avere, alla Fondazione San Giuseppe.

E' un po' che ci penso, e in realtà ne so poco,nel senso che non ho coordinate chiare di questa Fondazione, non ne conosco il sistema concordatario, cioe' come si lega alla societa' civile,non sono documentata.

Di fatto vedo da sempre ,vicino a casa mia, questa casa -una di quelle sparse nella Regione-abitata da bambini buttati via dal mondo degli adulti,che un manipolo di giovani operatori laici accudisce. A volte, con qualcuno, ho scambiato qualche frase,mi guardavano con dolcezza ,non erano pericolosi, avevano attorno un incantato stupore.

Con il resto, con gli spiccioli del mio portafoglio miliardario, farei le cose che fan tutti, :una vacanza, altri acquisti gradevoli, una festa con gli amici.

Che',anche nell'ordinario , puo' stare la vera felicità.

domenica 4 novembre 2007

BELLO POSSIBILE


In prima liceo eravamo tutte innamorate di Andrea Giordana ne'Il conte di Montecristo', e le piu' assennate anche del dottor Andrew Manson,alias Alberto Lupo ne 'La cittadella';io ,lo confesso, ho avuto una fiammata breve ma consistente per Amedeo Modigliani-il noto pittore,qui a lato nel ritratto-, bello e maledetto, ma era una virata decisamente individualista,la mia, e non corrispondeva ad una inclinazione popolare.
Forse, degli eroi di oggi, ci sarebbe andato bene Walter Nudo di 'Incantesimo' :rassicurante, con il sorriso buono,un bello possibile.Gli altri eroi seriali televisivi degli ultimi anni sono o medici carichi di problemi sentimentali, un po' depressi , o poliziotti efficientissimi : tutti lavorano in squadra,si innamorano in squadra,perdono o vincono in squadra.Il resto è orrore inguardabile.Niente da fare.
Del resto il 'feuilleton' ha creato la mentalità popolare molto piu' di qualsiasi proclama ideologico,accompagnandosi alla quotidianità,disperdendosi in mille rivoli emotivi, tra le briciole del dopo-pasto e gli sbadigli della sera,consumati dalla grande massa silenziosa e anonima che ogni giorno vive sul pianeta.
Devianza voyeristica, i' reality' hanno sostituito i sostanziosi polpettoni,con effetti deleteri.
Perche' a forza di realta' sbandierata, ingurgitata, dismessa, la bussola emotiva va in fibrillazione per sovraccarico.
E il lungo esercito dei cercatori d'eroi, rischia di confondere lucciole per lanterne.
-Ahime',pensavo fosse amore,invece era un calesse-direbbe Massimo Troisi.

sabato 3 novembre 2007

NAVIGANDO


Uno dei libri che mi ha piu' divertita è stato 'L'Icaro involato',di Raimond Queneau(scrittore francese degli anni '30 del secolo scorso).
Funziona cosi':uno scrittore perde per le vie di Parigi(una Parigi del primo Novecento) il suo personaggio, Icaro, e lo cerca,in mirabolanti inseguimenti, assoldando anche un investigatore.
Tipo del romanzo-anti-romanzo,l'avevo letto come un 'divertissement' laico sul mistero imprendibile dell'esistenza.
La quale esistenza ci guizza via,ci sfugge, e noi, che vogliamo essere perbene, sempre dietro a dare una sistemata.
Oggi stavo per scrivere un post che somigliava ad una bolla pontificia,pieno di visioni apocalittiche sul futuro e di scenari alla 'Blade runner',poi ho sentito un leggero eccesso gastrico e ho cancellato tutto.
In un mese da blogger ho imparato un po' a navigare su questi fili leggeri dell'etere,non so se in modo utile a qualcuno, ma divertente per me.