domenica 30 agosto 2009

SCRIVI UNA VITA/MERCE' RODOREDA




'La piazza del diamante' di Merce' Rodoreda ( Barcellona,1908-Romanya de la Selva,1983)è stata una bella scoperta.
Grazie a mio fratello,lettore libero ma non da poco,che in questa estate mi fa da bibliotecario.
Una signora che appartiene alla lunga serie dei 'desaparecidos' della vita riminese, ex-insegnante, spirito sensibile e fine, mi disse una volta che quello che fa la poesia è il desiderio di andare a rileggerla perche' se ne è capito poco e ti è rimasta la voglia e la curiosità e il desiderio.
La scrittura di Merce' Rodoreda è cosi'.
E' un bellissimo mistero,qualcosa che si avvicina al cuore molle della vita quasi identificandocisi.
Un cuore intimo,fatto di parole coraggiose che allineate le une alle altre come perline della collana di una bambina stupiscono,non saziano.
Spagna,Barcellona,gli anni della guerra civile.
Si dipana la vita di Natalia che in questi anni terribili,in un matrimonio fatto di incongrue apparizioni,affetti non riposanti,un quotidiano mai pienamente soddisfatto, fno alla perdita del marito, alla fame, al delirio della fame e dell'impotenza di non saper nutrire i figli, perde la sua giovinezza.
Ci sara' anche una sorta di riscatto ferito,in un secondo matrimonio,che non riuscira a sanare del tutto le ferite di Natalia.
Ma quello che colpisce è la tecnica della scrittura.
Tecnica?
Che brutta parola,forse meglio dire la forma, l'apparizione,il farsi dalla grafia sulla carta che produce la meraviglia del contenuto,il perfetto equilibrio tra lingua viva e 'grammatica',mimesi di un tempo storico e misteriosamente intima.
La vita è meravigliosa e anche quando la protagonista sembra vicina a gesti disperati si avverte che il dire quello che potrebbe accadere, la parola che si avventura nelle pieghe dell'attimo che fugge puo' funzionare da balsamo benefico.


Merce' Rodoreda -antifascista,in esilio dopo la vittoria di Franco, tornera' in patria solo nel 1972-è certamente scrittrice raffinata, che malamente nasconde la sua raffinatezza dietro una sintassi apparentemente elementare,ingenua, paratattica,incombente,in un 'inondazione di sensazioni,di oggetti di casa, di luci, ombre,paure,pensieri, in un mirabolante succedersi di piccoli miracoli.

'...e dentro ogni pozza,per quanto piccola,ci sarebbe stato il cielo...il cielo che a volte un uccello sparpagliava....un uccello che aveva sete e senza saperlo sparpagliava il cielo nell'acqua con il becco....'

Merce' Rodoreda,'La piazza del diamante', la Nuova frontiera edizioni