La verita' è che,pur nelle diverse biografie,ci abbiamo creduto:nella scuola pubblica,nel diritto allo studio, nel valore di quel luogo sacrosanto di aggregazione e di formazione.
La mia generazione-annata cinquantadue- ci ha creduto davvero,anche scalpitando di irrequietezza.
Se penso ai tempi delle progettualita'-mi basta andare non lontano ,l'ultimo bagliore lo colloco nel 2003- e lo confronto con questo tempo arido e traballante,inadeguato e privo di bussole reali-mi viene naturale l'accettazione di una sconfitta.
Ultimo caso,fresco di stampa e grondante realta':il Consiglio di Stato ha bocciato un ricorso fatto dal Ministro dell' Istruzione(sic.M.Gelmini) nel merito dell'illegalita' del riordino dei secondi,terzi e quarti anni degli istituti professionali e tecnici.
Che significa che la fatica quotidiana,in termini di rimpinguamento delle classi,di tagli del personale, di potenziamento degli orari subordinati a fantomatici 'recuperi',poggia su un'incongruenza istituzionale,su di un pateracchio senz'arte ne' parte.
La questione è scottante,la materia bollente.
Noi, che abbiamo vissuto la stagione bella di un innamoramento,che come tutti gli innamoramenti deve contenere in se' anche conflitti e rimbrotti e passioni irrisolte-stiamo a guardare,pronti ad andarcene.
Siamo in apnea,cioe' dosiamo il respiro, per riuscire a dare l'ultimo guizzo, quello salvifico.
Quello della fuga.
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