giovedì 4 settembre 2008

MIA MADRE LIDIA


Non so perche' proprio in un momento esatto, senza necessità di ricorrenze, si senta il bisogno di dire della propria madre.
Lidia, mia madre Lidia.
Ho sotto gli occhi un vecchio foglio incorniciato :
'Istituto magistrale-Pescara.
Si certifica che Novara Lidia di Vittorio ha conseguito in questo istituto nella sessione estiva dell'anno scolastico 1938-39 l'ammissione alla terza classe......
il presente certificato si rilascia a richiesta dell'interessato per uso concorso a borsa di studio...'
La mamma era in Abruzzo, dove il nonno,ferroviere, era stato spedito, per odor di non adesione al regime.
Anno 1938-39.
Tra le sue letture di giovinezza,aveva amato 'Martin Eden' di Jack London.
Poi un altro foglio incorniciato, una lunga dedica che le colleghe le fecero, quando si pensiono' dall'allora SIP,dopo trentacinque anni di lavoro, nei primi anni ottanta.
E poi una bellissima foto di lei e del babbo, giovani in viaggio di nozze a Firenze, eleganti nei cappotti cammello, sorridenti come due attori del cinema,anno 1951.
La mamma era di pelle delicata,chiara.
Era razionale e lucidissima, delicata nel sentire.Forse, al fondo di se', leggermente rancorosa.
Giovane sposa, si era sentita inadatta ai ghetti delle donne romagnole coriacee e tuttofare. Aveva sempre coltivato una delicata nostalgia ,un'irrequietezza che talvolta mi aveva dato un senso di non appartenenza.
Poi, risultava apollinea, soprattutto quando era in viaggio, a qualche gita aziendale, in situazioni disagiate, era sempre accomodante.
Con il babbo spesso era in lieve attrito, per diversita' di gusti,perche' lui era piu' approssimato e fantasioso. In alcuni momenti erano molto uniti.
Si incantava per i riccioli che l'acqua disegna sulla battigia,per alcuni paesaggi, per la vita in genere, ,aveva entusiasmi veloci fermati da lampi di ragione eccessiva.
Aveva il mito del puerperio.
Diceva che la partoriente è sacra,che di sacro al mondo c'è poco d'altro.
Aveva un'intuizione per la danza classica,individuava le abilità dei giovani ballerini e noi ridevamo per questo, per la sua complessione robusta.
Era abilissima con alcuni cibi,ma poi scherzava, dissacrante, sui pranzi di rito.
Irripetibili le sue marmellate,i ravioli all'ortica, un''erbazzone'reggiano-era nata a Reggio Emilia- la torta di mele.
Non la ricordo religiosa,-mai vista in chiese e devozioni varie-ma talvolta,negli ultimi anni, ascoltava di soppiatto una qualche radio, forse evangelica, non ho mai capito bene.
Non ho fatto in tempo ad avere con lei quei bei conflitti madre-figlia che fanno crescere,anche se avevo gia' quarant'anni, quando se ne è fuggita cosi',nel nulla, una notte di fine maggio.
Forse è per quello che a volte sono anch'io un po' smarrita.