mercoledì 5 agosto 2009

DI QUELLA VOLTA CHE L'ISOLA DIVENNE VENTOTTENNE




Mio babbo Guido sbagliava tutti i nomi, quanto ne abbiamo riso.
-Sono venuti quei malati di Genova.non avevano altro di meglio da fare-ci diceva.
E sapevamo che erano passati sotto mezzogiorno,con la notizia che eravamo stati scelti tra gli eletti, due poveretti di testimoni di Geova.
Ci era mancato poco che per pieta' li avesse invitati a pranzo,chissa' come sarebbe andata.la conversazione
Cosi' l'isoletta-galera dei confinati antifascisti divenne, da Ventotene, Ventottenne.
Lapsus carico di richiami onirici,ma ci faceva solo ridere anche quello.
Il babbo andava forte con la storia,lo appassionava ed incalzava sulla sua fantasia.
Quando si infilo' con la carta d'argento a vedere,per sbaglio,'Noi dello zoo di Berlino' credendo che fosse un film sulla seconda Guerra mondiale e usci' dopo mezz'ora dicendo che aveva visto troppi gabinetti fu il suo primo scontro con la modernità stralunata..
Credo ci avesse parlato a lungo del famoso 'Manifesto di Ventotene',a modo suo naturalmente,ma neanche troppo impreciso.
Come sono grata al mio destino di avere avuto quella famiglia,adesso che sono quasi vecchia mi guardo attorno e mi vengono i brividi, a pensare come sarebbe stato in un'altra famiglia,magari a impostazione cattolica bempensante.
Non che a casa mia non si pensasse bene ,c'era un'etica di ferro, guai sgarrare, ma l'aria era fresca,un'anarchia irrefrenabile di sentimenti e di immagini la governava.
Vedo attorno storie grigie di persone che nella famiglia sono isterilite,ne hanno bevuto paure e piccole schiavitu',conteggi minimi di dare/avere che hanno condotto a senilità precoci e a malattie.
So di avere una cospicua eredità familiare ideale da spendere,ancora, e queste famiglie un po' bigottine mi fanno molta pena.

Perche', in fondo, credo ancora nell'Isola Ventottenne di Guido.