domenica 11 luglio 2010

IL LINGUAGGIO DELLA MADRE


Leggo per la prima volta con piacere 'La lingua salvata 'di Elias Canetti.

Testo fondamentale e dimenticato,che credevo assai piu' cerebrale e inattaccabile,vista la statura dell'autore,e ritrovo invece carico di affetto e di dolcezze.
Tipico dei testi 'di formazione',narra l'infanzia,l'adolescenza e la prima giovinezza del giovane Elias,ebreo sefardita di lingua spagnola,segnate dalla morte prematura del padre e dal vagabondare,poi, per l'Europa,la Bulgaria,l'Inghilterra,l'Austria,la Svizzera con i fratelli minori e la madre.
Sara' costei a determinarne la formazione intellettuale,in un'altalena di passioni libresche,riflessioni sui linguaggi,caparbie prese di posizione su alcuni suoi momenti particolarmente delicati.
Donna tenera e tenace,legatissima al marito di cui pianse per sempre la scomparsa,colta poi da una sua estenuazione che la portera' alla malattia,nel legame con il figlio primogenito Elias deposita la sua fierezza,la sua ribellione ai dogmi e ai preconcetti,la sua curiosita' intellettuale.
Cosa mi ha colpito in particolare di questa lettura.
Il tema del nesso madre-linguaggio.
C'è un passo in cui il piccolo protagonista si interroga sul perche' i propri genitori, che lui vedeva cosi' uniti, tra di loro parlassero solo in tedesco,avendo eletto questa lingua come unica per comunicarsi il proprio amore.
Qui si intende che la lingua non è mera indicazione verbale ma realta' intima,sorgiva,quando tra la parole e il significato di se' non corre soluzione di continuita'.
Intrigante è il nesso misterioso madre/parola.
Indicazione profonda,la parola della madre riaffiora nel dipanarsi dei giorni.

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