Leggo tra le cose del giorno le prime pagine di 'La farfalla e il semaforo' di Cynthia Ozick e capisco da chi dovrei andare per imparare a scrivere.
Ho gia' detto che non ci si orienta tra la carta stampata, vista la barriera d'acciaio dell''editing'.
Riconfermo.
Ormai non si ha piu' la misura della capacita' individuale,di qualunque 'caso' letterario ci si chiede quanto l'operazione sia riuscita comercialmente.
Pero' talvolta trapela la natura della parola nuda e cruda e non lascia scie ambigue.
La scrittura di Cynthia Ozick è di quella pasta.
Coraggiosa,innanzitutto.
Spregiudicata e libera,nel senso che vola sulla carta stampata creando contaminazioni rapide,da brivido,ma mai prive di senso.
Avevo gia' detto di 'Eredi di un mondo lucente'.
In 'La farfalla e il semaforo'-diciannove racconti che trovero' il tempo di leggere-gia'le prime righe indicano di che pasta sia il resto:
'Quella primavera mi tocco',in quanto pioniere di famiglia,presumo,di accompagnare un gran viavai di parenti e affini.
...'
E ancora,qualche riga piu' in basso:'..'C'è qualcosa di nautico nel mio appartamento:dalle mie finestre vedo l'East River e so che seguendolo per un tratto abbastanza lungo,fino in fondo alla citta',incontrero' la bocca del vasto mare.
...'
C'è un'inquietudine rabbiosa, lucidissima,un movimento perenne che diviene somma di figure mitiche,un andare per andare,e personaggi,personaggi,marionette o eroi,poco conta.
Devo arrivare in fondo a questo libro per imparare,anche se le cose del giorno pesano,per aggirarle.
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