martedì 24 novembre 2009

PAUSA PRANZO


La mia pausa-pranzo piu' originale l'ho vissuta alla fine degli anni settanta.
Castelfranco Emilia, lavoravo in un Istituto professionale per l'Agricoltura e quando si doveva restare al pomeriggio -abitavo a Bologna-eran dolori.
Quel paesone tagliato in due da una Via Emilia trafficata di mezzi pesanti non offriva granche' al turista per forza.
Una bidella simpaticissima mi vide un po' sciupata e,generosa,emiliana ed accorta, mi apriva tutte le volte la stanza di una piccola infermeria, dove io mi rinchiudevo in solitudine per quaranta minuti.
Mi rilassavo su una poltrona-letto,socchiudevo gli occhi, mi appisolavo e dopo funzionavo assai meglio.
Era la pausa fatale, quella che fa la differenza.

Ora mi chiedo:ma dove sono finite le donne?
Quelle reali, intendo.
Perche' ,sul tema, vorrei capire come fa una donna che allatta-l'astensione per maternita' obbligatoria finisce al terzo mese del bambino- a togliersi quei minuti preziosi di rientro in se stessa.
Forse nel baillame generale si son scordati che ci sono anche le donne in carne e ossa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che tristezza , Anna Rosa, questo blog così interessante e privo di confronto. Sono tornati i tempi della paura? O invece , sospetto, siamo affogati dal merchaindise?
Mi pare che il taglio della pausa pranzo sia igienico ( troppi sovrappeso in giro); e pensare che al rientro da scuola esigevo il silenzio, un po' di silenzio, e quell'oretta prima di un pomeriggio impegnato era un'ora senza prezzo.
Narda

Anna Rosa Balducci ha detto...

Ho voluto chiudere con un riferimento 'al femminile' perche' credo che un sistema lavorativo costruito 'a prescindere' dal valore reale e simbolico della maternita' sia epurativo, quindi sterile.
Il dipendente non è solo funzione, macchina, ma anche corpo.
Ma,ripeto:le donne reali, dove sono finite?
Ciao Narda.